Pubblicità provocatorie o offensive?
- AM Graphic & Design
- 3 apr 2017
- Tempo di lettura: 2 min
"Nel bene o nel male l'importante è che se ne parli"
Vale sempre questa regola? Si può scadere nel cattivo gusto o esagerare purchè una pubblicità abbia successo? Si può correre il rischio di essere etichettati come sessisti o razzisti e scatenare polemiche?
Il confine è labile e sia le aziende che le agenzie che si occupano di una campagna pubblicitaria lo sanno. A volte però la posta in gioco è alta e un'azienda può rovinare la sua immagine e perdere molti dei suoi clienti, quindi perchè rischiare? Perchè la provocazione sortisce sempre il suo effetto, anche se personalmente credo che ci si debba porre un limite, porre un limite alla decenza.

Dolce e Gabbana non ha sicuramente bisogno di "grandi manovre pubblicitarie" per attirare clienti, eppure con questa campagna, ha voluto puntare sulla provocazione. Nella scena sono palesi le dinamiche di uno stupro di gruppo e difatti ha attirato a se molte polemiche tant'è che la pubblicità è stata censurata. Ma se Dolce e Gabbana ha curato comunque l'immagine e lo scatto, c'è chi scade veramente nel cattivo gusto...

Doppi sensi banali e indecenti, sono all'ordine del giorno e molte compagnie sfruttano questi "mezzucci" per colpire, provocare, e far parlare di se.
In alcuni comuni si è addirittura deciso di censurare a priori, queste pubblicità ritenute offensive e sessiste, vietando quindi l'af-fissione di manifesti in città.
Finto perbenismo? Eccessivo senso del pudore? I sindaci in questione sono troppo puritani?

Essendo calabrese, ho dato uno sguardo anche alle pubblicità di "casa mia" e non sapevo se ridere o piangere... Voglio porre alla vostra attenzione due campagne in particolare:

L'azienda "Dodaro" della provincia di Cosenza, ha elaborato "sapiente-mente" questa pubblicità abbastanza esplicita lanciando una vera e propria bomba mediatica che ha fatto discutere ed ha alimentato tantissime polemiche.
Obiettivo centrato? Probabilmente si. Anche se, come accade alla maggior parte di questi spot, la censura non ha tardato ad arrivare. Ma vogliamo parlare dell'Amaro del Capo? L'azienda calabrese Caffo ha puntato la sua campagna pubblicitaria su un doppio senso davvero discutibile... Forse meno volgare e diretta rispetto ad altri, ma pur sempre discutibile.

In ogni caso la provocazione non mira sempre ad accrescere le vendite, ma a volte vuole smuovere le coscienze, scioccare, irritare i perbenisti e indurre alla riflessione. E' il caso di Oliviero Toscani, maestro della fotografia e della comunicazione, che più volte per Benetton, ha realizzato campagne pubblicitarie che hanno scosso gli animi.

Secondo il mio modesto parere, la provocazione deve essere fatta con intelligenza. La pubblicità è arte e non ha bisogno di essere "scadente" per arrivare all'obiettivo. Calibrare il messaggio è importante, perchè un'azienda deve essere capace di ispirare fiducia e professionalità convincendo i clienti a comprare i suoi prodotti. O forse no? Ai posteri l'ardua sentenza...
Vi lascio con altre "perle" di marketing e soprattutto lascio a voi giudicare se vale sempre il detto citato a inizio articolo. "Buona" visione...




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